La causa legale intentata da Scale AI, un colosso nell’etichettatura dei dati, contro la startup Mercor e un suo ex dirigente, si concentra sull’accusa di aver sottratto segreti commerciali e tentato di dirottare un cliente approfittando delle dinamiche complesse e delle nuove alleanze che stanno ridisegnando il settore dell’intelligenza artificiale.

[In pillole] La sintesi per chi va di fretta:
Scale AI ha citato in giudizio la rivale Mercor per spionaggio industriale. Al centro delle accuse l'ex dirigente Eugene Ling, passato a Mercor, reo di aver sottratto documenti riservati e tentato di acquisire un cliente chiave. La causa evidenzia l'intensificarsi della "guerra" per dati e talenti nel settore IA, con valutazioni miliardarie e alleanze strategiche che ridefiniscono gli equilibri.
L’accusa di spionaggio industriale
Secondo i documenti legali presentati da Scale AI, la vicenda si sarebbe svolta con una sequenza di eventi quasi cinematografica.
Eugene Ling, che in Scale AI ricopriva il ruolo di responsabile della gestione dei clienti, avrebbe scaricato oltre cento documenti riservati. Il dettaglio più significativo, e potenzialmente più dannoso per la sua difesa, è la tempistica: il download sarebbe avvenuto lo stesso giorno in cui Ling ha incontrato l’amministratore delegato di Mercor.
Questa coincidenza, secondo l’accusa, non sarebbe affatto una coincidenza, ma la prova di un piano coordinato per trasferire know-how strategico da un’azienda all’altra. Il materiale sottratto non riguarderebbe dettagli tecnici di poco conto, ma il cuore della strategia commerciale di Scale AI: analisi sui clienti, piani di gestione dei rapporti e informazioni proprietarie sviluppate in anni di lavoro.
La questione, però, si spinge ben oltre il semplice furto di documenti.
L’accusa più grave mossa a Ling è quella di aver tentato di sottrarre a Scale AI uno dei suoi più grandi clienti, citato negli atti come “Cliente A”, mentre era ancora formalmente un suo dipendente. Come descritto da TechCrunch, Ling avrebbe contattato un dipendente di questa grande azienda cliente, proponendo i servizi della sua “nuova” società.
Avrebbe detto: «Lavoro sempre nel settore dei dati e sono molto entusiasta di come questa nuova azienda potrà supportarvi». Alla domanda diretta se si riferisse a Mercor, Ling avrebbe risposto chiedendo a sua volta:
«State già lavorando con Mercor?»
Questo dialogo suggerisce un tentativo attivo di dirottare un contratto che, secondo le stime, avrebbe potuto valere “milioni di dollari” per Mercor, sfruttando una posizione di fiducia costruita all’interno di Scale AI.
Ma questa presunta azione individuale si inserisce in un contesto molto più ampio, definito da equilibri di potere e da alleanze strategiche che stanno ridisegnando l’intero settore dell’intelligenza artificiale, creando nuove vulnerabilità e opportunità per chi è abbastanza audace da coglierle.
Chi sono i protagonisti della vicenda
Per comprendere la portata di questa causa, è necessario capire chi sono le aziende coinvolte. Scale AI non è un’azienda qualsiasi. Fondata dal giovane e ambizioso Alexandr Wang, è diventata il leader indiscusso nel mercato dell’etichettatura dei dati, un processo fondamentale per addestrare modelli di AI come quelli di OpenAI, Google o Meta.
La sua valutazione ha raggiunto i 29 miliardi di dollari, sostenuta da investitori come Amazon, Nvidia e, soprattutto, Meta. Proprio il recente, massiccio investimento di Meta (14,3 miliardi di dollari per una quota del 49%) ha trasformato Scale AI, facendola passare da fornitore neutrale a partner strategico di uno dei più grandi colossi tecnologici del mondo.
Una mossa che, se da un lato ha consolidato la sua posizione finanziaria, dall’altro ha sollevato non pochi dubbi tra i suoi clienti, molti dei quali sono diretti concorrenti di Meta e ora si trovano a disagio nel condividere i loro dati con un’azienda così strettamente legata a un rivale.
Dall’altra parte c’è Mercor, una realtà più giovane ma non per questo meno agguerrita. Con una valutazione di 2 miliardi di dollari e il sostegno di fondi di venture capital di primo piano come Sequoia Capital e General Catalyst, si è posizionata come un’alternativa agile e specializzata, assumendo esperti e dottorandi per garantire un addestramento dei dati di alta qualità.
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La sua strategia sembra essere stata quella di approfittare delle crepe apparse nell’impero di Scale AI, in particolare dopo l’accordo con Meta, che ha spinto diversi grandi clienti a cercare fornitori alternativi.
La difesa di Mercor, affidata al co-fondatore Surya Midha, appare però prudente e, per certi versi, ambigua. Midha ha dichiarato di non avere “alcun interesse per i segreti commerciali di Scale”, ma ha anche ammesso un fatto cruciale: “Eugene ci ha informato di avere vecchi documenti in un Google Drive personale, al quale non abbiamo mai avuto accesso e sul quale stiamo ora indagando”.
Questa ammissione, pur negando l’uso delle informazioni, conferma il possesso dei file, un elemento che potrebbe rivelarsi problematico in sede legale.
La dinamica tra un gigante reso vulnerabile dalle sue stesse alleanze e un concorrente aggressivo pronto a sfruttare ogni debolezza non è però un caso isolato. È il riflesso di una battaglia più profonda che si sta combattendo nell’industria tecnologica per il controllo delle risorse più preziose del nostro tempo.
Una guerra per il controllo dei dati (e dei talenti)
Questa causa legale è molto più di una disputa su documenti rubati.
È un episodio emblematico di quelle che sono state definite le “guerre per l’addestramento dei dati”, una competizione spietata per il controllo della materia prima che alimenta l’intelligenza artificiale generativa.
In questo nuovo paradigma, la qualità dei dati e le relazioni con i clienti che li forniscono e li utilizzano sono diventate un vantaggio strategico fondamentale. Le aziende che, come Scale AI, dominano questa filiera si trovano in una posizione di potere immenso, ma anche di estrema esposizione.
La vicenda solleva una domanda critica sulle strategie delle grandi multinazionali: l’alleanza di Scale AI con Meta, pur essendo una mossa finanziariamente vantaggiosa, non ha forse creato le condizioni ideali per la concorrenza, rendendo i propri clienti più inclini a guardarsi intorno?
La causa può essere letta non solo come una legittima difesa della proprietà intellettuale, ma anche come una mossa aggressiva di Scale AI per mandare un messaggio chiaro al mercato in un momento di percepita debolezza.
Starebbe forse cercando di scoraggiare i concorrenti dall’approfittare di una vulnerabilità che essa stessa ha contribuito a creare?
Casi simili, come riportato da AInvest.com, stanno diventando sempre più frequenti nel settore, segnalando una tendenza in cui la protezione dei segreti commerciali e la lealtà dei dipendenti sono diventate questioni di sopravvivenza aziendale.
La cosiddetta “guerra dei talenti” spinge i professionisti a passare da un’azienda all’altra con una rapidità senza precedenti, spesso portando con sé un bagaglio di conoscenze che le aziende considerano di loro esclusiva proprietà.
Mentre gli avvocati si preparano alla battaglia, il caso Scale AI contro Mercor si preannuncia come un precedente importante.
La sua risoluzione potrebbe contribuire a definire i confini, ancora molto labili, tra legittima competizione, mobilità professionale e spionaggio industriale nell’era dell’intelligenza artificiale.
L’esito non interesserà solo le due società coinvolte, ma l’intero settore, che osserva attentamente per capire quali saranno le nuove regole del gioco in una corsa all’innovazione che non ammette rallentamenti.