K2 Think: gli Emirati Arabi Uniti ridefiniscono l’Intelligenza Artificiale e la sovranità tecnologica

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Il nuovo modello, presentato come ‘piccolo ma potente’ e reso open source, rappresenta la strategia del paese per ottenere sovranità tecnologica e affermarsi come polo indipendente tra le potenze globali.

K2 Think: gli Emirati Arabi Uniti ridefiniscono l’Intelligenza Artificiale e la sovranità tecnologica
[In pillole] La sintesi per chi va di fretta:
Gli Emirati Arabi Uniti lanciano K2 Think, un nuovo modello AI open source, efficiente e potente. Sviluppato da G42 e MBZUAI, mira alla sovranità tecnologica e posiziona gli EAU come terzo polo globale nell'AI, tra USA e Cina. L'iniziativa, guidata da Faisal Al Bannai, prosegue la serie Falcon, rivelando un'ambiziosa strategia nazionale.

Negli Emirati Arabi Uniti è nato un nuovo modello di intelligenza artificiale, e non è una questione solo tecnologica

Nel campo dell’intelligenza artificiale, dominato da colossi statunitensi come OpenAI, Google e Meta, e dai loro emergenti rivali cinesi, l’iniziativa di un paese come gli Emirati Arabi Uniti potrebbe sembrare a prima vista marginale. Eppure, il recente rilascio di K2 Think, un nuovo modello di intelligenza artificiale open source, suggerisce che la geografia del potere tecnologico stia diventando più complessa e frammentata di quanto si pensi.

Sviluppato dalla società tecnologica G42, legata al governo emiratino, e dalla Mohamed bin Zayed University of Artificial Intelligence (MBZUAI), questo modello non è solo un prodotto software, ma il simbolo di una strategia nazionale molto precisa: raggiungere una forma di sovranità tecnologica per diversificare un’economia ancora profondamente legata ai proventi del petrolio.

Ciò che distingue K2 Think non è tanto la sua potenza assoluta, quanto la sua efficienza. È stato descritto come un modello “piccolo ma potente”, capace di eseguire compiti complessi di logica, programmazione e analisi scientifica con prestazioni paragonabili a sistemi molto più grandi e dispendiosi in termini di risorse.

Secondo quanto riportato da Web Pro News, è stato addestrato utilizzando circa 2.000 chip, una frazione di quelli impiegati per i modelli più noti. Questa caratteristica non è un dettaglio tecnico per addetti ai lavori: significa che tecnologie di frontiera possono essere eseguite su hardware meno potente, rendendole potenzialmente più accessibili.

Ma la decisione di renderlo open source, cioè liberamente accessibile e modificabile da chiunque, solleva interrogativi più ampi sul ruolo che gli Emirati intendono giocare.

Un gesto di apertura e democratizzazione della tecnologia, o una mossa calcolata per accelerare il proprio sviluppo e attrarre talenti da tutto il mondo, costruendo un ecosistema dipendente dalla propria tecnologia?

Un modello piccolo per ambizioni molto grandi

Dietro questa iniziativa c’è una figura centrale, Faisal Al Bannai, consigliere del presidente emiratino per la ricerca strategica e le tecnologie avanzate. Al Bannai non è un personaggio secondario nello scacchiere tecnologico globale; la sua visione è quella di trasformare gli Emirati Arabi Uniti in un polo di riferimento per l’intelligenza artificiale, capace di competere e dialogare alla pari con le superpotenze.

Il suo approccio sembra essere pragmatico e ambizioso, come dimostra la sua inclusione da parte della rivista TIME tra le 100 persone più influenti nel campo dell’IA, un riconoscimento citato anche sul sito ufficiale di AI71, una delle società da lui guidate.

La sua strategia poggia su un’idea precisa: non è necessario avere le dimensioni della Cina o gli investimenti della Silicon Valley per avere un impatto significativo.

L’efficienza di K2 Think è la traduzione pratica di questa filosofia. In un settore dove la corsa sembrava orientata verso modelli sempre più giganteschi e costosi, la scelta di puntare su un sistema più agile rappresenta una scommessa interessante. Riducendo la dipendenza da infrastrutture computazionali imponenti, si apre la possibilità per aziende più piccole, università o singoli ricercatori di sperimentare e innovare.

– Leggi anche: ASML e Mistral AI: l’alleanza strategica che ridefinisce la tecnologia europea

Questa mossa, tuttavia, non è isolata, ma si inserisce in un percorso che gli Emirati portano avanti da tempo. K2 Think è infatti l’evoluzione di una serie di modelli precedenti, noti con il nome di “Falcon”, che hanno progressivamente migliorato le proprie capacità, segnalando una coerenza e una visione a lungo termine.

Questa stessa filosofia di efficienza e accessibilità guida l’innovazione anche nel mondo aziendale. Non tutte le imprese necessitano di modelli colossali; spesso, la soluzione vincente è lo sviluppo di intelligenze artificiali su misura, progettata per risolvere problemi specifici con risorse ottimizzate.

La scelta dell’open source, in questo contesto, serve anche a creare una comunità globale attorno alla tecnologia emiratina, un modo per esercitare influenza non con la forza economica, ma con la diffusione del proprio software.

Resta da vedere fino a che punto questa apertura sarà mantenuta se e quando gli interessi commerciali e strategici del paese richiederanno un maggiore controllo.

La partita si gioca tra Washington e Pechino

Il lancio di K2 Think non avviene in un vuoto politico, ma nel mezzo della crescente tensione tecnologica tra Stati Uniti e Cina. Gli Emirati Arabi Uniti, partner strategico degli USA ma anche importante cliente della tecnologia cinese, si trovano in una posizione delicata.

Per anni, la convinzione diffusa era che le aziende statunitensi mantenessero un vantaggio tecnologico quasi incolmabile. Questa certezza, però, ha iniziato a vacillare.

Come spiegato in un’analisi del Center for Strategic and International Studies (CSIS), la comparsa di modelli cinesi molto performanti, come Qwen di Alibaba o i sistemi di DeepSeek, ha costretto molti osservatori a riconsiderare i rapporti di forza.

Lo stesso Al Bannai ha commentato con entusiasmo l’ascesa di DeepSeek, definendola una “notizia fantastica” perché dimostra che “squadre piccole e paesi agili possono muoversi velocemente e avere un impatto”.

Le sue parole, riportate da TechXplore, non sono casuali: sono un messaggio inviato tanto a Washington quanto a Pechino.

Agli Stati Uniti, per segnalare che il loro primato non è scontato e che esistono alternative valide. Alla Cina, per mostrare apprezzamento e apertura, pur mantenendo una partnership strategica con gli americani.

In questo gioco di equilibri, K2 Think diventa uno strumento di politica estera: un modo per affermare la propria autonomia e per non dover scegliere un campo, ma piuttosto posizionarsi come un terzo polo credibile.

La collaborazione con aziende statunitensi come Microsoft prosegue, come dimostra la creazione di nuovi centri di ricerca congiunti ad Abu Dhabi, ma l’ispirazione tratta dai successi cinesi indica una volontà di non legarsi a un unico fornitore tecnologico o a un’unica visione del mondo.

Una strategia che viene da lontano

K2 Think non è un’improvvisazione, ma l’ultimo capitolo di una storia iniziata da tempo. La sua architettura e le sue capacità sono il frutto del lavoro svolto sui modelli della serie Falcon, sviluppati dal Technology Innovation Institute (TII) di Abu Dhabi.

Già nel 2024, il TII aveva lanciato modelli specializzati come Falcon Arabic, dedicato alla lingua araba, e Falcon-H1, che all’epoca si era dimostrato competitivo con i sistemi di Meta e Alibaba. Questa progressione costante è indicativa di un investimento sistematico e di un piano industriale chiaro.

A fine 2024, il rilascio di Falcon 3, un modello anch’esso progettato per funzionare su hardware leggero come un computer portatile, aveva già ottenuto il primo posto nelle classifiche di riferimento della piattaforma Hugging Face, un hub centrale per la comunità degli sviluppatori di intelligenza artificiale.

La capacità di eseguire modelli AI avanzati su dispositivi comuni come un laptop apre scenari applicativi immediati e di grande valore. Un progresso fondamentale, ad esempio, per lo sviluppo di applicazioni mobile di nuova generazione, che possono integrare funzionalità intelligenti complesse operando direttamente sullo smartphone dell’utente.

Questa continuità mostra come la strategia emiratina sia duplice. Da un lato, c’è l’obiettivo di raggiungere l’eccellenza tecnologica, come dimostrano i continui aggiornamenti e miglioramenti documentati sul sito ufficiale del progetto Falcon. Dall’altro, c’è la volontà di costruire un’immagine di sé come attore aperto e collaborativo, in contrasto con la natura spesso chiusa e proprietaria dei modelli sviluppati dalle grandi aziende tecnologiche.

Rendendo accessibili strumenti così potenti, gli Emirati non solo accelerano la ricerca globale, ma si posizionano al centro di una nuova rete di innovazione.

La domanda che rimane aperta è quale sarà l’equilibrio finale tra questa apparente generosità e gli inevitabili interessi nazionali di un paese che sta investendo miliardi per garantirsi un posto di rilievo nell’economia del futuro, un’economia in cui i dati e gli algoritmi potrebbero rivelarsi una risorsa persino più preziosa del petrolio.

Dalle parole al codice?

Informarsi è sempre il primo passo ma mettere in pratica ciò che si impara è quello che cambia davvero il gioco. Come software house crediamo che la tecnologia serva quando diventa concreta, funzionante, reale. Se pensi anche tu che sia il momento di passare dall’idea all’azione, unisciti a noi.

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