Questa infrastruttura di calcolo senza precedenti, volta a garantire la leadership americana nell’IA e ad accelerare lo sviluppo di un’intelligenza artificiale generale, riunisce una costellazione di giganti tecnologici e fondi sovrani, sollevando complessi interrogativi.

[In pillole] La sintesi per chi va di fretta:
OpenAI ha lanciato il Progetto Stargate, un'iniziativa da 500 miliardi di dollari in quattro anni per creare un'infrastruttura di calcolo AI. Finanziato da SoftBank, Oracle e MGX, con partner come NVIDIA e Microsoft, il progetto mira a consolidare la leadership USA nell'IA e accelerare l'AGI. Solleva questioni su concentrazione di potere e impatti geopolitici.
Una costellazione di giganti tecnologici
Il Progetto Stargate non è un’iniziativa solitaria di OpenAI. È, piuttosto, la formalizzazione di un’alleanza strategica che mette insieme attori con ruoli ben definiti.
Da una parte c’è SoftBank, il conglomerato giapponese guidato da Masayoshi Son, noto per le sue scommesse audaci e talvolta spericolate nel mondo tech, che assume la responsabilità finanziaria principale e la presidenza del nuovo veicolo societario.
Dall’altra c’è OpenAI, che metterà a disposizione la sua competenza tecnica e si occuperà della gestione operativa dell’infrastruttura. A completare il quadro dei finanziatori iniziali ci sono Oracle, il colosso dei database e del cloud, e MGX, un fondo di investimento con sede negli Emirati Arabi Uniti, un dettaglio geopolitico di non poco conto.
Questa alleanza non si limita però al solo aspetto finanziario. I partner tecnologici chiave includono nomi che rappresentano l’intera filiera dell’intelligenza artificiale: NVIDIA, il cui dominio nel campo delle GPU per l’IA è quasi totale; Arm, l’azienda britannica (di proprietà di SoftBank) che progetta le architetture di chip utilizzate in quasi tutti gli smartphone del mondo; e Microsoft, il partner storico e principale finanziatore di OpenAI.
La presenza di così tanti giganti in un unico progetto, la cui gestione richiederà un’orchestrazione simile a quella di un complesso sistema ERP, suggerisce la creazione di un polo di potere computazionale difficilmente eguagliabile, capace di dettare le regole del gioco per i prossimi anni.
L’equilibrio tra questi attori, tuttavia, è delicato.
La stessa Microsoft, che finora ha fornito a OpenAI la quasi totalità della sua infrastruttura cloud tramite Azure, si trova ora a partecipare a un progetto che, di fatto, costruirà una capacità di calcolo alternativa e potenzialmente concorrente.
Da dove vengono tutti questi soldi?
Cinquecento miliardi di dollari sono una somma difficile persino da immaginare.
Per ora, l’impegno immediato è di 100 miliardi, una cifra comunque colossale, che servirà ad avviare la costruzione dei primi impianti, partendo dal Texas. La scelta di questo stato non è casuale: offre ampi spazi, regolamentazioni favorevoli e, soprattutto, un accesso a risorse energetiche che saranno fondamentali per alimentare data center la cui fame di elettricità sarà senza precedenti.
L’operazione non è infatti solo una sfida ingegneristica, ma anche e soprattutto energetica. Alimentare i supercomputer di Stargate richiederà una quantità di energia paragonabile a quella di piccole nazioni, un fattore che introduce complessità ambientali e logistiche enormi.
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La struttura finanziaria del progetto merita un’analisi attenta. La partecipazione di SoftBank è coerente con la sua strategia di investimenti ad altissimo rischio e potenziale rendimento, ma il coinvolgimento di un fondo sovrano come MGX degli Emirati Arabi Uniti segnala come la corsa all’IA sia diventata un terreno di competizione strategica globale.
I capitali non arrivano solo da fondi di venture capital, ma anche da stati che vedono nel controllo delle infrastrutture digitali una leva per l’influenza geopolitica futura. Questo intreccio tra finanza privata e interessi statali crea una dinamica in cui le decisioni non saranno guidate unicamente da logiche di mercato, ma anche da considerazioni di sicurezza nazionale e prestigio internazionale.
Resta da capire come una simile montagna di denaro verrà effettivamente spesa e quali saranno i ritorni attesi per giustificare un esborso che non ha eguali nella storia del settore privato.
La grande promessa e i dubbi strategici
La narrazione ufficiale che accompagna il Progetto Stargate è potente e ambiziosa. OpenAI descrive l’infrastruttura come essenziale per “garantire la leadership americana nell’IA” e per “fornire una capacità strategica per proteggere la sicurezza nazionale dell’America e dei suoi alleati”.
Si parla della creazione di centinaia di migliaia di posti di lavoro e di benefici economici globali. Questa retorica, chiaramente indirizzata a ottenere il sostegno politico e pubblico, posiziona Stargate non come una semplice impresa commerciale, ma come un’opera di rilevanza quasi pubblica, un bene strategico per la nazione.
Tuttavia, è proprio questa grandiosità a sollevare i dubbi più profondi. La concentrazione di una tale capacità di calcolo nelle mani di un consorzio privato, per quanto composto da aziende americane e alleate, pone interrogativi sulla governance e sull’accesso a queste risorse.
Chi deciderà quali modelli di intelligenza artificiale verranno addestrati su questi supercomputer?
Con quali criteri?
E cosa significa per la competizione se solo un piccolo gruppo di aziende ha accesso a un’infrastruttura di questa portata, lasciando indietro università, centri di ricerca pubblici e startup indipendenti?
La promessa di “elevare l’umanità” attraverso l’IA si scontra con la realtà di un’operazione che potrebbe cristallizzare il dominio di pochi attori, creando una barriera all’ingresso quasi insormontabile.
La stessa relazione con Microsoft, descritta come solida e in espansione, appare più complessa: costruendo una propria infrastruttura, OpenAI sta di fatto riducendo la sua dipendenza strategica da Azure, una mossa che potrebbe ridefinire gli equilibri di potere tra le due aziende nel lungo periodo.
Il Progetto Stargate, in definitiva, non è solo la costruzione di data center; è la costruzione di un nuovo tipo di potere, le cui implicazioni stiamo solo iniziando a comprendere.
In questo scenario dominato da pochi colossi, la strategia per gli altri attori del mercato — dalle startup alle grandi aziende non tecnologiche — non potrà essere competere sulla potenza bruta. Il vero valore risiederà nella capacità di usare queste infrastrutture, quando accessibili, per scopi mirati, attraverso uno sviluppo di intelligenza artificiale focalizzato, che risolva problemi di nicchia con una precisione che i modelli generalisti non potranno mai avere.
 
         
         
         
        


