La Cina punta alla leadership nella robotica AI: presentato RoboBrain 2.0 dalla BAAI

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Il nuovo modello open-source RoboBrain 2.0 promette di dare ai robot umanoidi un’intelligenza “incarnata” capace di percepire e agire autonomamente, inserendosi in una massiccia strategia statale che punta alla leadership globale, sebbene le sfide legate all’IA non siano ancora del tutto risolte.

La Cina punta alla leadership nella robotica AI: presentato RoboBrain 2.0 dalla BAAI
[In pillole] La sintesi per chi va di fretta:
La Cina punta alla leadership globale nella robotica AI. La Beijing Academy of Artificial Intelligence (BAAI) ha presentato RoboBrain 2.0, il più potente modello open-source per la robotica, spingendo lo sviluppo di umanoidi e l'intelligenza incarnata. Nonostante l'impressionante crescita del settore e le dimostrazioni pubbliche, permangono domande sulle reali capacità autonome dei robot rispetto a compiti pre-programmati.

L’intelligenza “incarnata”, spiegata

Il concetto chiave dietro a questi sviluppi è quello di “intelligenza incarnata” (embodied intelligence), un’idea che sta rivoluzionando l’approccio tradizionale alla robotica.

Non si tratta più di programmare una macchina per eseguire un compito ripetitivo in un ambiente controllato, come un braccio meccanico su una linea di montaggio. Si tratta, invece, di dotare i robot di un sistema coordinato di “cervello-occhio-azione” che permetta loro di percepire l’ambiente, comprenderlo e agire di conseguenza in modo autonomo e adattivo.

Ni Guangnan, un accademico dell’Accademia Cinese di Ingegneria, ha spiegato che la vera sfida consiste proprio nell’elevare l’intelligenza dei robot attraverso questi sistemi integrati, che fondono percezione e azione.

Tecnicamente, questo avviene attraverso modelli molto sofisticati, noti come Vision-Language-Action (VLA), che funzionano come il vero e proprio centro di comando del robot. Zhao Hang, scienziato capo di Galaxea AI, ha descritto durante la World Robot Conference 2025 come questi algoritmi siano in grado di processare informazioni visive, associarle a comandi linguistici e tradurle in movimenti articolari precisi.

È questo che permette a un robot di eseguire sequenze di azioni lunghe e complesse, come raccogliere un oggetto specifico da un tavolo disordinato o navigare in uno spazio affollato.

Questo salto di qualità è ciò che distingue un semplice automa da una macchina realmente intelligente.

Questa fusione tra percezione e azione, tuttavia, non è un concetto relegato al futuro della robotica. Ha un’applicazione matura e consolidata nel cuore dell’industria 4.0. È infatti il Sistema di Esecuzione della Produzione (MES) che oggi agisce come il “cervello” digitale della fabbrica, orchestrando macchinari e flussi di lavoro per tradurre gli input in azioni fisiche coordinate.

I numeri che accompagnano questa rivoluzione tecnologica sono altrettanto significativi. L’industria robotica cinese ha generato un fatturato di quasi 240 miliardi di yuan (circa 33,4 miliardi di dollari) nel 2024.

Secondo i dati diffusi dall’agenzia di stampa cinese Xinhua, nella prima metà del 2025 sono stati prodotti 370.000 robot industriali e quasi 9 milioni di robot di servizio.

L’Istituto Cinese di Elettronica ha già identificato dieci settori ad alto potenziale per l’impiego dei robot umanoidi, che vanno dalla manifattura automobilistica alla gestione delle emergenze, passando per l’assistenza domestica e l’agricoltura. Alcuni di questi prodotti sono già entrati in una fase di commercializzazione iniziale, soprattutto in ambito medico e di assistenza agli anziani.

Eppure, nonostante la propaganda e le dimostrazioni spettacolari, la strada verso un’adozione di massa è ancora piena di ostacoli e di domande irrisolte.

Ambizioni, propaganda e qualche dubbio

L’estate del 2025 è stata testimone di una vera e propria ondata di nuovi robot umanoidi cinesi, ciascuno presentato con grande enfasi. DroidUp, ad esempio, ha introdotto l’androide Xueba-01, che è stato persino iscritto a un programma di dottorato presso l’Accademia di Teatro di Shanghai, in un esperimento che mescola tecnologia e performance artistica. UBTech, un altro gigante del settore, ha fatto parlare di sé con il suo Walker S2, presentato come il primo umanoide al mondo in grado di sostituire autonomamente le proprie batterie in meno di tre minuti.

Questi esempi, documentati da diverse testate di settore, fanno parte di una narrazione più ampia, attentamente costruita dal governo cinese, che circa due anni fa ha stabilito come obiettivo strategico nazionale quello di diventare leader mondiale nella robotica umanoide, con il traguardo di produrre almeno 10.000 unità entro la fine del 2025.

Questa spinta governativa si è manifestata anche in eventi di grande impatto mediatico. Durante il Gala del Festival di Primavera della televisione di stato cinese, un evento seguito da decine di milioni di persone, 24 robot umanoidi dell’azienda Unitree si sono esibiti in una coreografia insieme a ballerini umani. Come descritto in uno studio pubblicato su PMC, l’esibizione ha suscitato un enorme dibattito nel paese, posizionando i robot umanoidi non più come un concetto fantascientifico, ma come una presenza tangibile e imminente nella società.

Tuttavia, dietro le quinte delle dimostrazioni e dei comunicati stampa, anche gli stessi addetti ai lavori mostrano una certa cautela. Wang Xingxing, CEO di Unitree, l’azienda dei robot ballerini, ha ammesso pubblicamente che, sebbene l’hardware robotico sia ormai a un livello più che sufficiente, le capacità dell’intelligenza artificiale sono ancora molto lontane dal soddisfare le reali esigenze del settore. Secondo lui, lo sviluppo di modelli di intelligenza artificiale sufficientemente robusti e affidabili rimane il compito più critico e difficile da affrontare.

– Leggi anche: La managerialità nelle università italiane: un’evoluzione complessa tra formazione e sfide globali

Questa ammissione solleva un dubbio fondamentale: le attuali capacità di questi robot sono il frutto di una vera intelligenza autonoma o sono ancora, in larga parte, il risultato di coreografie e compiti pre-programmati eseguiti in ambienti controllati?

La spinta verso la forma umanoide, inoltre, potrebbe rispondere più a esigenze di marketing e di impatto mediatico che a una reale efficacia funzionale, dal momento che forme non-umane potrebbero essere molto più efficienti per compiti specifici.

La corsa della Cina alla supremazia nella robotica intelligente è quindi un processo complesso, in cui si intrecciano progressi tecnologici reali, un’imponente strategia industriale guidata dallo stato e una narrazione pubblica molto curata. Mentre i “cervelli” di silicio diventano sempre più potenti, la vera sfida sarà colmare il divario tra ciò che questi robot sono in grado di fare in un laboratorio o su un palco e ciò che potranno realmente fare, in modo utile e affidabile, nel mondo disordinato e imprevedibile di tutti i giorni.

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