Il paese ha però registrato un calo nelle installazioni, mentre la corsa globale all’automazione si sposta verso l’Asia e integra sempre più l’intelligenza artificiale nelle sue fondamenta.

[In pillole] La sintesi per chi va di fretta:
L'Italia si posiziona tra i leader nell'automazione industriale, seconda in Europa e quinta globalmente per nuovi robot. Tuttavia, l'ultimo anno ha visto un calo del 9% nelle installazioni, segnalando complessità. Mentre l'Asia domina il mercato globale, l'integrazione robot-IA ridefinisce la competizione. L'industria italiana deve accelerare nell'adozione di sistemi intelligenti per garantire resilienza e crescita futura nel settore.
Una leadership europea con qualche ombra
Nel contesto continentale, la leadership della Germania appare difficilmente discutibile. Con 28.355 unità installate, l’industria tedesca non solo guida la classifica europea, ma è anche l’unica economia del continente a figurare tra i primi cinque mercati al mondo per la robotica.
L’Italia si posiziona subito dopo, con un numero di installazioni che è poco più di un terzo di quello tedesco, ma che è sufficiente a distanziare nettamente il terzo paese europeo, la Francia, che si ferma a 6.386 unità.
Questa fotografia mostra un’Europa industriale in cui Germania e Italia rappresentano le locomotive dell’automazione, con un ritmo di adozione tecnologica decisamente superiore a quello degli altri stati membri.
Tuttavia, proprio questa leadership consolidata mostra alcuni segni di rallentamento. Mentre il mercato europeo nel suo complesso ha registrato una crescita del 9%, sia l’Italia sia la Francia hanno mostrato un andamento opposto.
Le installazioni italiane sono diminuite del 9% rispetto all’anno precedente, mentre quelle francesi hanno subito un calo ancora più marcato, pari al 13%.
Questo calo simultaneo in due dei mercati più maturi del continente solleva alcune domande.
Potrebbe trattarsi di una flessione fisiologica dopo anni di forti investimenti, magari incentivati da piani governativi come “Industria 4.0”, i cui effetti potrebbero andare a esaurirsi.
Oppure, potrebbe essere il segnale di difficoltà strutturali in alcuni settori chiave o di un’incertezza economica generale che frena nuovi investimenti in tecnologie costose.
Questa incertezza sposta la sfida dall’acquisto indiscriminato di hardware alla pianificazione strategica degli investimenti. Prima di comprare un nuovo robot, un’azienda deve avere una visione chiara di tutta la sua catena del valore. Nelle industrie moderne, questa visibilità è garantita da un sistema ERP (Enterprise Resource Planning), la piattaforma che integra i dati della produzione, della finanza e della logistica per guidare le decisioni.
La performance tedesca, seppur dominante, non è stata abbastanza forte da compensare del tutto queste dinamiche, suggerendo che anche il motore industriale d’Europa si muove in un contesto meno favorevole.
Capire la natura di questo rallentamento è fondamentale, perché avviene mentre, su scala globale, la corsa all’automazione non accenna a fermarsi, ma è anzi guidata da attori con strategie e ambizioni sempre più definite.
La scala globale dell’automazione
Per comprendere davvero la portata della trasformazione in atto, è necessario allontanare lo sguardo dall’Europa. A livello mondiale, nel 2023 operavano oltre 4,2 milioni di robot industriali, un numero che è raddoppiato in soli dieci anni. Il mercato globale, che include non solo i robot ma anche software e servizi collegati, ha raggiunto un fatturato annuo di circa 50 miliardi di dollari.
Questi numeri descrivono un cambiamento non graduale, ma esponenziale.
E il baricentro di questo cambiamento si trova in Asia, che da sola assorbe il 70% di tutte le nuove installazioni. L’Europa, con il suo 17%, e le Americhe, con il 10%, appaiono quasi come attori secondari di fronte a una simile concentrazione.
All’interno del continente asiatico, la Cina ha assunto un ruolo egemonico. Con 276.288 nuove installazioni in un solo anno, il mercato cinese rappresenta da solo il 51% del totale mondiale. Non si tratta di un fenomeno spontaneo, ma del risultato di una precisa strategia governativa che, attraverso massicci investimenti e una pianificazione industriale a lungo termine, punta a fare del paese il leader indiscusso della produzione manifatturiera avanzata.
– Leggi anche: La grande accelerazione dei robot nelle fabbriche: la Cina guida la rivoluzione globale
Lo stock di robot operativi in Cina ha già raggiunto quasi 1,8 milioni di unità, una cifra che continua a crescere a un ritmo che nessun altro paese al mondo è in grado di eguagliare. Questo strapotere non è solo una questione di quantità, ma definisce un nuovo standard competitivo.
Un altro modo per misurare il livello di automazione di un’economia è la “densità robotica”, cioè il numero di robot ogni 10.000 lavoratori.
In questa classifica, la Corea del Sud (1.012) e Singapore (730) sono ai primi posti, a testimonianza di economie estremamente specializzate e tecnologizzate. La Germania, con 415 robot ogni 10.000 dipendenti, si conferma un’economia altamente automatizzata, mentre la media dell’Unione Europea si attesta su 208.
Questi dati mettono in prospettiva la performance italiana: essere secondi in Europa è importante, ma la competizione globale si gioca su scale e velocità molto diverse.
I settori che guidano la corsa (e il ruolo dell’intelligenza artificiale)
Analizzando quali settori industriali stiano trainando questa trasformazione, emergono due protagonisti principali.
A livello globale, l’industria elettrica ed elettronica è diventata il principale cliente della robotica, con 159.000 unità installate, superando per la prima volta lo storico settore trainante, quello dell’automobile, che si è fermato a 140.000 installazioni.
Questo sorpasso è significativo: riflette l’enorme crescita della produzione di dispositivi elettronici, batterie e semiconduttori, settori dove la precisione e la velocità richieste sono impossibili da raggiungere con il lavoro umano.
L’industria automobilistica rimane comunque un motore fondamentale, specialmente in Europa, dove la transizione verso i veicoli elettrici sta richiedendo una riconversione profonda e costosa delle linee di produzione, spesso basata su nuovi impianti robotizzati.
Al di là dei numeri e dei settori, la vera evoluzione che sta per cambiare le regole del gioco è l’integrazione sempre più profonda tra la robotica e l’intelligenza artificiale.
Per decenni i robot industriali sono stati macchine eccezionalmente efficienti nell’eseguire compiti programmati e ripetitivi in ambienti controllati.
Oggi, grazie all’IA, i robot stanno iniziando a “vedere”, “comprendere” e adattarsi all’ambiente circostante, eseguendo compiti complessi in modo più autonomo e flessibile.
Questo apre la strada a un’automazione non più limitata alla grande produzione di massa, ma estesa a contesti più variabili e a produzioni personalizzate.
Come descritto da Automazione News, le macchine utensili di ultima generazione prodotte in Italia non sono più semplici strumenti, ma veri e propri sistemi interconnessi che abilitano la trasformazione digitale delle fabbriche.
Questa visione di “sistemi interconnessi” che abilitano la trasformazione digitale non è un concetto astratto, ma ha un nome preciso nel mondo dell’industria 4.0. È il Sistema di Esecuzione della Produzione (MES) a fungere da “cervello” digitale, orchestrando i robot e i macchinari per trasformare i dati in azioni fisiche coordinate e ottimizzate.
La sfida per l’industria italiana non sarà quindi solo quella di installare un numero maggiore di robot, ma di essere in grado di sviluppare e integrare questi sistemi intelligenti.
La resilienza del settore manifatturiero e la sua capacità di tornare a crescere nel prossimo futuro dipenderanno in larga parte dalla velocità con cui saprà adottare non solo l’hardware dell’automazione, ma anche il software e l’intelligenza che la rendono davvero trasformativa.
 
         
         
         
        


