ChatGPT Atlas: OpenAI rivoluziona la navigazione web con un browser AI-centrico

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Si tratta di un programma a sé stante, progettato da zero per integrare l’intelligenza artificiale in ogni aspetto della navigazione

ChatGPT Atlas: OpenAI rivoluziona la navigazione web con un browser AI-centrico
[In pillole] La sintesi per chi va di fretta:
OpenAI ha presentato ufficialmente ChatGPT Atlas, un browser web progettato per integrare l'AI in ogni aspetto della navigazione. Non è un'estensione, ma un programma autonomo che mira a ridefinire l'interazione con internet. Con funzionalità come le "Browser Memories" e la "modalità agente", Atlas sfida i giganti del settore, posizionando OpenAI come attore chiave nell'accesso al web.

L’integrazione con l’intelligenza artificiale

La differenza più evidente di Atlas rispetto a un browser convenzionale si manifesta fin dall’apertura di una nuova scheda. Al posto della classica griglia di siti preferiti, l’utente si trova di fronte a un’interfaccia di dialogo: una rottura netta con il passato, guidata da una progettazione di interfacce e user experience che mette la conversazione al centro dell’esperienza.. Da qui può iniziare una conversazione, porre una domanda o digitare un indirizzo web.

Il sistema è pensato per fondere i risultati di una ricerca tradizionale con le risposte elaborate dall’intelligenza artificiale, presentando un riassunto che combina link, immagini, video e testo in un unico risultato consolidato. L’obiettivo è superare la necessità di aprire molteplici schede per confrontare informazioni provenienti da fonti diverse.

L’assistenza dell’IA non si limita però alla pagina iniziale. Una delle funzioni più integrate è una barra laterale, attivabile su qualsiasi pagina web, che permette di “conversare” con il contenuto visualizzato. Si può chiedere a ChatGPT di riassumere un lungo articolo, di estrarre i dati principali da un report finanziario, di tradurre un testo o di spiegare un concetto complesso senza mai abbandonare la pagina originale.

Un’altra funzione, chiamata “inline writing assistance”, si attiva automaticamente quando si clicca su un campo di testo, come un’email o un documento online. Evidenziando una frase o un paragrafo, compare un’icona di ChatGPT che offre opzioni per correggere, migliorare, espandere o modificare il tono del testo, agendo di fatto come un editor integrato e contestuale.

L’impatto di queste funzioni sull’uso quotidiano è stato descritto da uno dei primi tester, Yogya Kalra, uno studente universitario. Kalra ha spiegato che durante le lezioni era solito passare continuamente dalle diapositive a una finestra separata di ChatGPT per approfondire gli argomenti, un processo che richiedeva di fare screenshot e copiare testo. Con Atlas, invece, l’intelligenza artificiale è in grado di analizzare istantaneamente il contenuto della schermata, permettendogli di fare domande e ricevere chiarimenti in tempo reale.

Ma la vera novità, quella che distingue Atlas in modo più netto, risiede nella sua capacità non solo di assistere, ma di ricordare.

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Una memoria per il browser

La funzione più discussa e potenzialmente trasformativa di Atlas si chiama “Browser Memories“.

Si tratta di un sistema che consente a ChatGPT di conservare dettagli e informazioni rilevanti dalle sessioni di navigazione dell’utente per migliorare la pertinenza di risposte e suggerimenti futuri.

L’idea è che il browser impari a conoscere gli interessi, i progetti e le abitudini dell’utente per fornire un’assistenza sempre più personalizzata. Per esempio, una persona potrebbe chiedere: “Trovami tutte le offerte di lavoro che ho guardato la scorsa settimana e crea una sintesi delle tendenze di settore per aiutarmi a preparare i colloqui”.

Atlas, attingendo alla sua “memoria”, sarebbe in grado di recuperare la cronologia pertinente e produrre un’analisi coerente.

OpenAI sembra essersi mossa con cautela, quasi anticipando le prevedibili preoccupazioni sulla privacy legate a una simile raccolta di dati. L’azienda ha sottolineato che la funzione è completamente opzionale e che l’utente mantiene il pieno controllo.

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Nelle impostazioni è possibile visualizzare tutte le “memorie” salvate, archiviare quelle non più utili e cancellare l’intera cronologia per rimuovere ogni dato associato.

Inoltre, direttamente dalla barra degli indirizzi, è possibile impedire a ChatGPT di visualizzare una pagina specifica, bloccando sia l’accesso al contenuto sia la creazione di ricordi legati a quel sito.

Nonostante queste rassicurazioni, l’introduzione di una memoria persistente solleva interrogativi importanti sulla quantità di informazioni personali che un’azienda privata arriverebbe a gestire e su come tali dati verrebbero protetti e utilizzati nel lungo periodo.

Una memoria che, nelle intenzioni di OpenAI, non serve solo a rispondere meglio, ma a consentire al browser di passare a un livello successivo: l’azione.

Il browser che agisce da solo

La funzionalità più avanzata, al momento disponibile in anteprima solo per gli utenti con abbonamenti a pagamento, è la modalità agente. Questa rappresenta l’evoluzione di ChatGPT da strumento di consultazione a esecutore di compiti. In questa modalità, il browser può compiere azioni concrete al posto dell’utente, eseguendo flussi di lavoro composti da più passaggi.

OpenAI fornisce alcuni esempi: si potrebbe chiedere ad Atlas di organizzare una cena, e il browser si occuperebbe di cercare ricette, trovare i supermercati più vicini, aggiungere gli ingredienti a un carrello online e procedere all’ordine. In un contesto lavorativo, potrebbe analizzare documenti condivisi dal team, effettuare una ricerca sulla concorrenza e compilare una bozza di report con le informazioni raccolte.

Quando un utente fa una richiesta che implica un’azione, ChatGPT chiede esplicitamente il permesso prima di iniziare ad aprire schede e interagire con gli elementi delle pagine web, come pulsanti e moduli. La stessa OpenAI ammette che la funzione è in una fase iniziale e “potrebbe commettere errori su flussi di lavoro complessi”, una rassicurazione che è anche, implicitamente, un avvertimento sui rischi di delegare operazioni delicate a un’intelligenza artificiale.

La capacità di un software di agire autonomamente su siti dove l’utente è autenticato, come account di e-commerce o piattaforme di lavoro, apre questioni di sicurezza e responsabilità che andranno affrontate con molta attenzione man mano che la tecnologia diventerà più affidabile e diffusa.

Il lancio di Atlas è molto più del rilascio di un nuovo prodotto. È una dichiarazione d’intenti che mostra come OpenAI veda il futuro dell’interazione uomo-macchina non più confinato a una finestra di chat, ma integrato nel tessuto stesso del web.

Tuttavia, rimangono aperte domande significative.

Quanti utenti saranno disposti a cambiare le proprie abitudini e abbandonare browser consolidati come Chrome, a cui sono legati da anni di cronologia, password e preferiti?

E, soprattutto, come risponderanno i giganti come Google e Microsoft, che da tempo sono impegnate nell’integrazione e nello sviluppo dell’intelligenza artificiale nei loro prodotti ma che ora si trovano di fronte a un concorrente che ha costruito la sua intera offerta attorno a essa?

La risposta a queste domande definirà probabilmente il prossimo capitolo della storia di internet.

Dalle parole al codice?

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