Una vasta ricerca accademica mostra come ChatGPT, pur generando traffico, non riesca ancora a guadagnare la fiducia necessaria per convertire i visitatori in acquirenti rispetto ai canali consolidati.

[In pillole] La sintesi per chi va di fretta:
Un nuovo studio accademico rivela la delusione di ChatGPT nel commercio online: attira traffico significativo ma fatica a convertire i visitatori in acquirenti. Le sue performance sono inferiori ai canali tradizionali, evidenziando un problema di fiducia. Nonostante un lento miglioramento, OpenAI punta al checkout diretto per superare le sfide di conversione.
La grande delusione di ChatGPT nel commercio online
Un nuovo e importante studio accademico, tra i più estesi mai realizzati sull’argomento, sta mettendo in discussione le narrazioni prevalenti sull’imminente rivoluzione dell’intelligenza artificiale nel commercio digitale. La ricerca rivela che, nonostante la capacità di indirizzare un volume di traffico significativo verso i siti di vendita online, ChatGPT e altri modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) faticano a convertire i visitatori in acquirenti, mostrando un rendimento molto inferiore rispetto ai canali di marketing consolidati.
Lo studio è stato condotto dal professor Maximilian Kaiser dell’Università di Amburgo e dal professor Christian Schulze della Frankfurt School of Finance & Management, che hanno analizzato i dati raccolti nell’arco di dodici mesi, tra agosto 2024 e luglio 2025. L’analisi ha coinvolto 973 siti di e-commerce che generano un fatturato annuo combinato di 20 miliardi di dollari. I ricercatori hanno esaminato oltre 50.000 transazioni provenienti da link generati da ChatGPT, confrontandole con 164 milioni di transazioni originate da canali tradizionali. Il quadro che ne emerge è molto più complesso di quanto si potesse pensare e suggerisce che la strada per un’adozione di massa sia ancora in salita.
Il problema non sembra essere la capacità di attirare l’attenzione, quanto piuttosto quella di guadagnarsi la fiducia necessaria per finalizzare un acquisto.
Il divario tra traffico e vendite
I risultati dello studio mostrano una netta discrepanza tra le aspettative e la realtà attuale.
Sebbene ChatGPT rappresenti oltre il 90% di tutto il traffico e-commerce proveniente dai modelli linguistici, superando di gran lunga concorrenti come Gemini e Perplexity, il suo volume complessivo rimane marginale.
Il traffico generato da ChatGPT è circa 200 volte inferiore a quello della ricerca organica di Google, rappresentando meno dello 0,2% del traffico totale nel campione analizzato.
Ancora più significativo è il dato sulle prestazioni finanziarie. Il traffico organico proveniente dai modelli linguistici ha registrato performance inferiori a ogni canale digitale tradizionale, con la sola eccezione dei social media a pagamento.
I link di affiliazione, per esempio, hanno dimostrato di avere l’86% di probabilità in più di convertire un utente in cliente rispetto a un suggerimento di ChatGPT, mentre la ricerca organica di Google ha superato il chatbot di circa il 13%.
In termini di fatturato per sessione, ChatGPT si è posizionato dietro sia alla ricerca a pagamento sia a quella organica.
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Questa difficoltà nel trasformare le visite in vendite suggerisce un problema di fondo legato alla fiducia.
I visitatori provenienti da ChatGPT mostrano metriche di coinvolgimento relativamente alte, come una bassa frequenza di rimbalzo e una maggiore profondità di navigazione, ma non sembrano ancora pronti a concludere l’acquisto.
Insomma, sembra che le persone non usano ChatGPT come ultimo passo prima dell’acquisto, ma preferiscono consultare altre fonti per poi comprare.
Questa esitazione indica che, per ora, il ruolo del chatbot è più orientato alla scoperta e all’esplorazione che alla decisione finale.
Eppure, analizzando i dati nel tempo, emerge un dettaglio che potrebbe cambiare completamente la prospettiva.
Un lento ma costante miglioramento
Nonostante le attuali difficoltà, lo studio ha individuato segnali incoraggianti.
I tassi di conversione degli utenti provenienti da ChatGPT sono aumentati costantemente durante i dodici mesi di osservazione, anche a fronte di un aumento del volume di traffico. Sebbene il valore medio degli ordini sia leggermente diminuito, il fatturato totale per sessione è cresciuto, indicando che gli utenti stanno imparando a fidarsi sempre di più dei consigli della piattaforma.
Nelle loro conclusioni, Kaiser e Schulze scrivono che “le analisi delle tendenze temporali suggeriscono una graduale convergenza con i canali tradizionali, ma le proiezioni indicano che i modelli linguistici non raggiungeranno la parità con la ricerca organica entro il prossimo anno”.
I ricercatori sottolineano come i loro risultati contraddicano sia le aspettative diffuse sulla superiorità dell’intelligenza artificiale, sia le narrazioni che la descrivono come un’immediata minaccia per Google.
È una fotografia di un sistema in evoluzione, che sta imparando a guadagnare terreno un passo alla volta.
Ma mentre gli utenti si abituano lentamente, le grandi aziende tecnologiche non hanno intenzione di aspettare.
La scommessa di OpenAI sul commercio diretto
OpenAI sembra essere ben consapevole dei problemi di fiducia e conversione. Per questo ha introdotto Instant Checkout, una funzione che crea un canale di vendita alternativo allo sviluppo di piattaforme eCommerce tradizionali, tentando di risolvere il problema della conversione senza che l’utente abbandoni la chat.
L’obiettivo è eliminare l’attrito che attualmente spinge gli utenti a verificare le informazioni altrove prima di acquistare. Il sistema è già attivo per i venditori di Etsy e sarà presto esteso ai commercianti di Shopify e agli annunci di Walmart.
Tuttavia, il successo di questa iniziativa è tutt’altro che scontato. In passato, altre piattaforme come Instagram hanno testato strumenti di checkout integrati, per poi abbandonarli.
La sfida fondamentale per OpenAI sarà convincere gli utenti a completare le transazioni all’interno di ChatGPT, invece di cliccare sui link per visitare i siti dei rivenditori. Come ha avvertito Schulze, “se le persone non si fidano ancora di ChatGPT, allora avere un checkout istantaneo non è una funzione significativa, perché lasceranno comunque la piattaforma per trovare altre fonti di informazione”.
Per OpenAI, la posta in gioco è molto alta. L’azienda ha investito miliardi in infrastrutture di data center con flussi di entrate relativamente limitati, dato che le tariffe di abbonamento rappresentano solo una piccola frazione della sua base di utenti.
Trattenendo una piccola commissione su ogni transazione, l’azienda potrebbe garantirsi una solida via di monetizzazione.
Nel frattempo, il resto del mondo digitale non sta a guardare. Il contesto in cui si inserisce questo studio è quello di una profonda trasformazione del modo in cui i consumatori scoprono i prodotti online.
Il concetto di “Google Zero”, ovvero la possibilità che i siti web perdano la loro dipendenza dal traffico dei motori di ricerca tradizionali, è diventato una delle principali preoccupazioni per rivenditori e creatori di contenuti, come riportato su Digital Commerce 360.
L’integrazione da parte di Google di riassunti generati dall’intelligenza artificiale sopra i risultati di ricerca sta alimentando le “ricerche a zero clic”, in cui gli utenti trovano risposte sufficienti senza dover visitare altri siti web.
Mentre i risultati dello studio di Kaiser e Schulze mostrano che il sorpasso è ancora lontano, la traiettoria suggerisce che una evoluzione significativa potrebbe avvenire nei prossimi anni.
La domanda non è più se l’intelligenza artificiale avrà un impatto, ma con quale rapidità consumatori e piattaforme riusciranno a costruire la fiducia e l’infrastruttura necessarie per trasformare il coinvolgimento in commercio.



