Il servizio, chiamato ChatGPT Pulse, trasforma l’assistente da reattivo a proattivo, presentando un briefing mattutino personalizzato basato sull’analisi dei dati dell’utente, sebbene sia al momento disponibile solo per gli abbonati più facoltosi.

[In pillole] La sintesi per chi va di fretta:
OpenAI ha lanciato ChatGPT Pulse, un'IA proattiva che offre un briefing mattutino personalizzato. Analizzando dati utente e app esterne, anticipa le necessità quotidiane. Inizialmente esclusivo per abbonati Pro, il servizio mira a sostituire il "doom-scrolling" e a organizzare la giornata, ma richiede un significativo compromesso sulla condivisione delle informazioni personali.
OpenAI vuole che la prima cosa che facciamo al mattino sia parlare con ChatGPT
Negli ultimi giorni OpenAI ha presentato una nuova funzione chiamata ChatGPT Pulse, descritta dal suo stesso CEO, Sam Altman, come la sua preferita in assoluto. Non si tratta di un semplice aggiornamento, ma di un cambiamento piuttosto profondo nella filosofia con cui l’intelligenza artificiale interagisce con le persone.
Fino a oggi, ChatGPT è stato uno strumento reattivo: si pone una domanda e lui risponde. Con Pulse, invece, l’assistente diventa proattivo, prova ad anticipare le nostre necessità e, per la prima volta, è lui a iniziare la conversazione.
Annunciata il 25 settembre 2025, questa novità mira a trasformare l’assistente virtuale in un compagno quotidiano che organizza le informazioni per noi, prima ancora che glielo chiediamo.
Il meccanismo è stato pensato per essere tanto semplice nell’aspetto quanto complesso nel funzionamento. Durante la notte, mentre l’utente dorme, Pulse lavora in autonomia. Analizza la cronologia delle conversazioni, le informazioni che l’utente ha scelto di salvare nella funzione “Memoria” di ChatGPT e, se autorizzato, si collega ad applicazioni esterne come Google Calendar e Gmail.
Da questa mole di dati, estrae e sintetizza quelle che ritiene essere le informazioni più rilevanti per la giornata che sta per iniziare. Il risultato è un briefing mattutino, presentato sotto forma di schede colorate e facili da consultare direttamente sull’applicazione mobile.
Ogni sessione di Pulse, come è stata definita, contiene di solito tra le cinque e le dieci di queste schede, che possono spaziare dagli aggiornamenti sulla propria squadra del cuore a un riepilogo degli impegni della giornata, fino a suggerimenti per un viaggio che si sta pianificando.
L’idea è quella di offrire un riassunto personalizzato che prepari l’utente alla giornata.
Ma questa personalizzazione così spinta ha un costo, e non solo in termini di privacy.
Un servizio per tutti, ma che parte dai più ricchi
Durante la presentazione, Fidji Simo, CEO of Applications di OpenAI, ha dichiarato che l’obiettivo è “rendere accessibile a tutti un livello di supporto che finora solo i più facoltosi potevano permettersi”. È una dichiarazione d’intenti ambiziosa, che però si scontra con la realtà attuale della distribuzione del servizio.
Al momento, infatti, ChatGPT Pulse è disponibile unicamente in anteprima per gli abbonati al piano Pro, che ha un costo di 200 dollari al mese. Questa scelta solleva un primo interrogativo sulla coerenza tra la visione “democratica” dell’azienda e una strategia di lancio che privilegia una fascia di utenti molto ristretta e con alte capacità di spesa.
Sebbene OpenAI abbia promesso di estendere presto la funzione agli abbonati Plus e, in futuro, a tutti gli utenti, il punto di partenza sembra contraddire la narrazione di un servizio pensato per le masse.
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Questa strategia di rilascio graduale è giustificata dall’azienda con la necessità di ottimizzare un processo che richiede una notevole potenza di calcolo. Ma potrebbe anche essere letta come un modo per testare il valore percepito di una funzione così personale su un pubblico disposto a pagare molto, prima di decidere come e a quale prezzo offrirla su larga scala.
Il punto, quindi, non è solo tecnico.
OpenAI sta cercando di capire quanto le persone siano disposte a pagare per un assistente che non si limita a eseguire ordini, ma che impara a pensare un passo avanti a loro. E per raggiungere questo obiettivo, deve convincerle a modificare una delle abitudini più radicate della nostra era digitale.
L’attacco diretto all’abitudine del “doom-scrolling”
Il vero obiettivo strategico di ChatGPT Pulse sembra essere quello di sostituire i social network e le app di notizie come primo punto di contatto con il mondo digitale al mattino. L’azienda ha progettato l’esperienza utente con una precisione quasi chirurgica per combattere il cosiddetto “doom-scrolling”, ovvero lo scorrimento compulsivo e spesso ansiogeno dei feed di notizie e social media.
A differenza dei flussi infiniti di piattaforme come Instagram o X, ogni briefing di Pulse ha una conclusione netta. Una volta visualizzate tutte le schede, l’intelligenza artificiale conclude la conversazione con un messaggio del tipo: “Perfetto, per oggi è tutto”, un modo esplicito per segnalare che non c’è altro da vedere e che si può iniziare la giornata.
Questa scelta di design, apparentemente semplice, è in realtà un manifesto. Non si tratta solo di estetica, ma di una decisione etica implementata attraverso una meticolosa progettazione di interfacce e user experience (UI/UX). Lo scopo qui non è massimizzare il tempo sulla piattaforma, ma offrire valore in un tempo definito, una filosofia che ridefinisce il rapporto tra l’utente e lo strumento digitale.
Tutto ciò rivela l’ambizione di OpenAI di posizionarsi come un’alternativa più sana e produttiva alle piattaforme che dominano oggi la nostra attenzione. Durante le dimostrazioni, sono stati mostrati esempi molto concreti: Pulse ha generato notizie sull’Arsenal per un tifoso, idee per costumi di Halloween per una famiglia e piani di viaggio in Arizona adatti a bambini piccoli.
La versatilità è evidente, ma il fine ultimo è quello di diventare il nuovo centro di gravità dell’informazione quotidiana di una persona, un unico luogo dove trovare tutto ciò che conta, dal lavoro al tempo libero.
Per farlo, però, l’intelligenza artificiale ha bisogno di accedere a un livello di informazione personale ancora più profondo, sollevando questioni delicate sul trattamento dei dati.
La personalizzazione profonda richiede un compromesso sui dati
Per funzionare al meglio delle sue capacità, Pulse necessita di un contesto ricco sulla vita dell’utente. È per questo che OpenAI ha previsto la possibilità di collegare l’assistente a servizi come Google Calendar e Gmail.
Come descritto nella pagina di presentazione ufficiale di OpenAI, queste integrazioni permettono a Pulse di offrire suggerimenti molto più pertinenti: può preparare una bozza dell’agenda per una riunione imminente, ricordare il compleanno di un amico suggerendo idee regalo o consigliare ristoranti nella città che si sta per visitare.
L’azienda sottolinea che queste connessioni sono disattivate per impostazione predefinita e che l’utente ha il pieno controllo su quali dati condividere, in un approccio che viene definito orientato alla privacy.
Tuttavia, la struttura stessa del servizio crea una sorta di pressione implicita. Sebbene la condivisione dei dati sia facoltativa, è anche la condizione necessaria per sbloccare il vero potenziale della funzione. Si crea così un compromesso: maggiore è la personalizzazione desiderata, maggiore è la quantità di informazioni private che bisogna cedere.
Gli utenti possono guidare l’apprendimento di Pulse attraverso un sistema di feedback, approvando o scartando i suggerimenti con un pollice in su o in giù, ma questo processo non fa altro che affinare la raccolta di dati da parte di OpenAI. Se da un lato l’utente “addestra” la propria versione di Pulse, dall’altro fornisce all’azienda un flusso continuo di informazioni preziose su preferenze e abitudini.
In questo contesto, il lancio di Pulse non è solo il rilascio di una nuova funzione, ma un passo decisivo nella competizione tra i giganti tecnologici per costruire l’assistente AI definitivo, quello che si integrerà così a fondo nelle nostre vite da diventare indispensabile.
E in questa gara, il vero traguardo non è solo fornire risposte, ma possedere il contesto della vita delle persone.
 
         
         
         
        


