L’azienda di ricerca sull’intelligenza artificiale mira a realizzare l’intero lungometraggio animato in soli nove mesi e con un budget contenuto, impiegando massicciamente l’IA generativa e sollevando profonde preoccupazioni sul futuro del lavoro creativo e sui diritti d’autore nel settore.

[In pillole] La sintesi per chi va di fretta:
OpenAI finanzia "Critterz", un lungometraggio animato prodotto con intelligenza artificiale generativa in soli nove mesi. Il film, realizzato con Vertigo Films e Native Foreign, mira a dimostrare la maturità dell'IA nel cinema. La presentazione a Cannes 2026 suscita aspettative, ma anche forti preoccupazioni per l'impatto occupazionale e il copyright nel settore.
Un esperimento produttivo senza precedenti
L’annuncio che OpenAI, l’azienda di ricerca sull’intelligenza artificiale nota per strumenti come ChatGPT e DALL-E, ha deciso di finanziare un lungometraggio animato ha una portata che va ben oltre la semplice notizia.
Il progetto, intitolato “Critterz”, non è soltanto un’incursione nel mondo del cinema, ma un vero e proprio test per dimostrare che l’intelligenza artificiale generativa è ormai matura per produrre contenuti di qualità cinematografica, capaci di competere sul mercato tradizionale.
L’obiettivo dichiarato è tanto ambizioso quanto dirompente: completare un intero film in circa nove mesi, una frazione del tempo normalmente richiesto, che per opere di animazione si attesta mediamente sui tre anni.
La produzione è affidata a una collaborazione tra la londinese Vertigo Films e la californiana Native Foreign, uno studio specializzato proprio nell’integrazione di tecnologie di intelligenza artificiale nei processi creativi. Il budget previsto, inferiore ai 30 milioni di dollari, è notevolmente più basso rispetto agli standard di produzioni simili, che spesso superano abbondantemente i cento milioni.
Per raggiungere questo risultato, il flusso di lavoro si basa sull’utilizzo intensivo degli strumenti più avanzati di OpenAI, incluso il modello linguistico di nuova generazione GPT-5 e sofisticati software per la generazione di immagini, come descritto dal Times of India.
Il processo prevede che gli schizzi iniziali dei personaggi vengano elaborati dai sistemi di intelligenza artificiale per generare le animazioni, mentre la componente umana resta fondamentale in altre aree: la sceneggiatura, per esempio, è stata affidata ad alcuni degli autori che hanno lavorato a “Paddington in Perù”, un dettaglio che sembra voler rassicurare sulla qualità della narrazione.
Anche le voci dei personaggi saranno interpretate da attori in carne e ossa, un passaggio ritenuto essenziale per trasmettere un’autenticità emotiva che la tecnologia, da sola, non è ancora in grado di replicare pienamente.
Tra ambizione creativa e preoccupazioni del settore
Chad Nelson, specialista creativo di OpenAI e ideatore del progetto, ha spiegato che l’intento è quello di fornire una dimostrazione pratica delle capacità della tecnologia. “OpenAI può passare tutto il giorno a spiegare cosa fanno i suoi strumenti, ma è molto più efficace se qualcuno lo fa davvero”, ha affermato.
L’idea è che un film completato e distribuito sia un “caso di studio” più convincente di qualsiasi demo tecnica. La vetrina scelta per questa dimostrazione non è casuale: la presentazione ufficiale è prevista per il Festival di Cannes a maggio 2026, un palco di risonanza mondiale che potrebbe legittimare definitivamente l’uso dell’intelligenza artificiale nel cinema d’autore e commerciale.
Ma a ben vedere, il progetto non è soltanto un’incursione nel mondo del cinema, ma un vero e proprio test per verificare se lo sviluppo delle AI sia ormai maturo per produrre contenuti di qualità, capaci di competere sul mercato tradizionale.
Tuttavia, questa accelerazione tecnologica non è accolta con unanime entusiasmo. All’interno dell’industria cinematografica, la diffidenza è palpabile e le preoccupazioni sono profonde. Molti produttori e registi esprimono dubbi sulla capacità di un film generato da un’intelligenza artificiale di apparire “autentico” agli occhi del pubblico, temendo una reazione di rigetto che potrebbe comprometterne il successo commerciale.
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Ma le perplessità più forti provengono dal mondo del lavoro creativo. Attori, sceneggiatori, animatori e tecnici vedono in questi strumenti una minaccia diretta alla loro professione. I recenti e lunghi scioperi a Hollywood avevano già messo al centro del dibattito la necessità di regolamentare l’uso dell’IA per proteggere i posti di lavoro e il diritto d’autore.
“Critterz” arriva quindi in un momento di forte tensione, diventando il simbolo di un futuro che molti temono e che potrebbe portare a una drastica svalutazione delle competenze umane.
La questione non è solo economica, ma anche artistica: si può davvero creare un’opera capace di emozionare e lasciare un segno senza la sensibilità e l’esperienza vissuta di un essere umano?
Un contesto legale e tecnologico complesso
Le preoccupazioni del settore non si limitano a dibattiti teorici, ma si stanno già traducendo in azioni legali molto concrete. Proprio mentre “Critterz” entra in produzione, giganti dell’intrattenimento come Warner Bros. Discovery, Disney e Universal hanno avviato una causa contro Midjourney, un’altra nota azienda di intelligenza artificiale generativa.
L’accusa, come riportato da MENAFN, è di violazione del copyright, sostenendo che la piattaforma permetta agli utenti di creare immagini e video utilizzando personaggi protetti da diritti d’autore, come Superman o Bugs Bunny, senza alcuna autorizzazione.
Questo scontro legale evidenzia uno dei nodi più critici della rivoluzione AI: i modelli generativi vengono addestrati su enormi quantità di dati presi da internet, che includono inevitabilmente opere protette. Stabilire dove finisca l’ispirazione e inizi la violazione della proprietà intellettuale è una sfida che i tribunali di tutto il mondo dovranno affrontare.
In questo quadro, la mossa di OpenAI appare ancora più calcolata. L’azienda sta investendo somme colossali nello sviluppo delle sue infrastrutture, con una spesa che potrebbe raggiungere i 115 miliardi di dollari entro il 2029. “Critterz” non è un progetto isolato, ma la punta di diamante di una strategia che mira a integrare profondamente l’intelligenza artificiale in ogni settore, inclusa l’industria creativa, rendendola uno strumento indispensabile.
L’idea di una “democratizzazione” della produzione, che consentirebbe anche a piccoli studi indipendenti di realizzare opere complesse, è affascinante, ma solleva interrogativi sulla sostenibilità di un modello che rischia di concentrare un enorme potere tecnologico ed economico nelle mani di poche grandi aziende della Silicon Valley.
L’accoglienza che il pubblico e la critica riserveranno a “Critterz” a Cannes non determinerà solo il destino di un singolo film, ma potrebbe influenzare l’equilibrio di potere e le regole creative dell’intera industria cinematografica per gli anni a venire.